Confessione: chiamarci per comodità

L'estate scorsa ho avuto il grande dono di completare uno stage di cappellania ospedaliera. Ci sono stati numerosi momenti di pentimento e di grazia (grazie a Dio!), ma ci sono stati anche momenti tragici. Il più tragico di questi momenti tragici, almeno per me, è stato vedere persone i cui cuori erano così chiusi da non vedere il loro bisogno della misericordia di Dio. C'era una signora in particolare che non si confessava da anni, e io l'ho invitata gentilmente al sacramento, ma lei si è offesa e ha risposto: “Perché dovrei confessarmi? Non ho niente da confessare."

Non aveva alcun senso della sua peccaminosità, nessun motivo per tendere la mano al Padre delle Misericordie. Era chiusa. Completamente. È stato terribile da vedere.

Ma siamo davvero così diversi? Sentiamo la profondità del nostro bisogno di Dio e della sua Misericordia? Siamo in grado di affrontare la terribile oscurità del nostro peccato e implorare Dio per la sua luce? Oppure scegliamo di vivere come “cattolici comodi”: dicendoci che i nostri peccati non sono poi così gravi, e confessandoci solo perché è quello che facciamo.

Il tempo della Quaresima ci chiama a infrangere l’illusione “confortevole” e a vivere il vero pentimento dal profondo del nostro essere. Dobbiamo affrontare il peccato e il fatto che abbiamo peccato. Dobbiamo affrontare il fatto che ci troviamo in una condizione terribile, affinché possiamo sapere quanto siamo stati terribilmente amati dal nostro Dio.

Due estati fa, ero in viaggio verso un nuovo incarico e mi sono ritrovato a parlare con un uomo che mendicava a una stazione di servizio. Non ricordo il suo nome, né da dove venisse, ma ricorderò sempre qualcosa che disse. L’uomo era un veterano e mi ha detto che aveva “fatto alcune cose in Afghanistan”.

Ha detto: “Quello che ho fatto è così terribile, così pesante che dire semplicemente a Dio che mi dispiace non è sufficiente, ho bisogno di qualcosa di più, quindi sto cercando di diventare cattolico perché ho bisogno di confessarmi”.

Questo mi ha colpito duramente. Quest'uomo ha visto il peso del suo peccato. Lo vedeva così fortemente che sapeva di aver bisogno di qualcosa di più di se stesso, di aver bisogno della grazia e della misericordia di Dio nel sacramento della Confessione.

E noi? La realtà è che i nostri peccati sono più simili a quelli di quel veterano di quanto siamo a nostro agio ad ammettere. La Quaresima e la Confessione ci chiamano fuori da quella zona di comfort. In questa Quaresima, allora, chiediamo la grazia e la luce per essere reali con Dio. Quindi la prossima volta che ti confessi, chiedi a Dio di mostrarti quanto hai peccato. Non possiamo sapere che siamo salvati, a meno che non sappiamo da cosa siamo stati salvati.

fr. Michael Thomas Caino, OP | Incontra i fratelli in formazione QUI

James Tissot (Nantes, Francia, 1836–1902, Chenecey-Buillon, Francia). Il ritorno del figliol prodigo (Le retour de l'enfant prodigue), 1886-1894