Signore, da chi andremo?

“Simon Pietro gli rispose: 'Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna. E noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio'” (Gv 6-68).

La vita eterna consiste essenzialmente nel conoscere Dio così com'è. Non possiamo raggiungere questa conoscenza da soli, né un'altra persona umana può istruirci in essa. Anzi, solo Dio può darcelo. Un problema è che le nostre menti umane sono complesse, mentre Dio è semplice. Possiamo avvicinarci a realtà semplici solo attraverso le nostre esperienze complesse e, anche allora, comprendiamo solo realtà semplici nel contesto di un quadro concettuale complesso.

Secondo il suo amore infinito, dunque, Dio si è fatto uomo. Dio ha ora un'umanità piena, e questa umanità esprime il divino. Quando tocchiamo Gesù e lo vediamo, tocchiamo e vediamo il Padre in lui. Quando ci parla, il Padre ci parla. Perché Gesù e il Padre sono uno. Condividono una vita.

Quando parliamo, speriamo di condividere la nostra vita interiore, i nostri pensieri e desideri, con un'altra persona. Sebbene altri possano indovinare la nostra vita interiore da ciò che facciamo, parlare conferisce a questa vita interiore un'esattezza che impedisce false interpretazioni. Il parlare antepone la nostra interiorità agli altri come un oggetto comune, un invito a far pensare e desiderare insieme a noi. Se accettano questo invito, la nostra speranza è che con loro si raggiunga l'unità della mente e del cuore. Così Gesù ci parla della sua vita interiore, in cui è unito al Padre mediante la visione e l'amore, e ci invita a partecipare a questa vita.

Un altro problema, però, qui si pone. Di solito, quando parliamo agli altri con la speranza di raggiungere un'unità di mente e cuore, la nostra speranza si basa sulla capacità della nostra mente di vedere certe cose chiaramente e sulla capacità del nostro cuore di orientarsi verso ciò che consideriamo chiaramente degno. Quando Gesù ci parla con parole umane della sua vita condivisa con il Padre, tuttavia, la nostra mente non può vedere chiaramente ciò che vede lui e quindi non può porlo davanti ai nostri cuori come qualcosa di degno di amore.

Secondo il suo amore infinito, dunque, Dio spinge il nostro cuore ad affidare la nostra mente alle sue parole in un atto di fede. Se accettiamo questo invito, cominciamo a intravedere oscuramente ciò che Gesù vede chiaramente, cioè Dio stesso. Di conseguenza, ciò che Gesù ama con tutto se stesso, cominciamo ad amare e concepiamo la speranza che un giorno vedremo chiaramente ciò che Gesù vede, e ameremo con tutto noi stessi ciò che Gesù ama con tutto se stesso.

Le parole di Gesù e di nessun altro, dunque, sono parole di vita eterna.


fr. John Peter Anderson, OP | Incontra i Fratelli Studenti in Formazione QUI