Mentre proseguiamo nel tempo dell'Avvento, quasi tutti anticipano la gioia di aprire i regali la mattina di Natale. Per la maggior parte delle persone, è fastidioso aprire il nuovo gadget o giocattolo, solo per trovare un'etichetta "richiede un po' di assemblaggio" sulla scatola. Questo è particolarmente vero per i bambini piccoli che hanno difficoltà a mettere insieme tutti i pezzi. Una situazione del genere può portare un bambino a porre domande filosofiche profonde, come: "Perché gli elfi di Babbo Natale non hanno appena messo insieme il giocattolo per cominciare?" Per quanto angosciante possa essere, il bambino inizia a comprendere meglio la sua fragilità umana, in particolare che dipende da qualcosa di più grande di se stesso per ottenere ciò che desidera. Il problema che un bambino come questo deve affrontare è fondamentalmente quello che la razza umana ha dovuto affrontare dalla caduta dell'uomo. Le nostre vite non sono completamente messe insieme. È necessario un po' di assemblaggio. Poiché questo compito non è facile, si è tentati di gridare a Dio, chiedendoGli: "Perché non mi hai semplicemente messo in un mondo in cui tutto combacia?"
Nella Summa Theologica (III, Q. 3, A. 5), san Tommaso d'Aquino ci offre uno spaccato di questa difficoltà. Si chiede se non sarebbe stato meglio che Cristo si incarnasse subito dopo la caduta dell'uomo. In questo modo Cristo avrebbe potuto predicare direttamente ad Adamo ed Eva, fornendo a loro e alla loro progenie il rimedio per la loro natura decaduta. San Tommaso affronta la questione sostenendo che è stato un bene per Dio lasciare i figli di Adamo a se stessi dopo la caduta. Per le sue colpe, la razza umana sarebbe giustamente umiliata nel suo orgoglio. Quando diventiamo consapevoli della nostra incapacità di trovare la completa felicità da soli, ci rendiamo conto di quanto siamo veramente fragili. Ci rendiamo conto che dobbiamo rivolgerci a qualcosa di più grande di noi stessi per ottenere questa felicità. Questo ci permette di vederci come dei bambini che non riescono ad assemblare i loro regali di Natale. In questo modo Dio ci prepara alla venuta di Cristo e al dono della sua grazia.
Ne meditiamo uno degli esempi più belli nella Bibbia quando preghiamo il secondo mistero gaudioso del Rosario: la Visitazione di Maria a Elisabetta. Maria, appresa la notizia che sua cugina Elisabetta è incinta, si precipita ad aiutarla. Elisabetta, che rappresenta tutta l'umanità peccatrice, si rivolge al Bambino che è più grande di lei, e alla Madre che lo porta, con le parole: “E perché mi è concesso questo, che la madre del mio Signore venga a me? " (Luca 1:44). Nel suo saluto, ha riconosciuto contemporaneamente la grandezza del Signore che è venuto ad aiutarla, e la sua umiltà di chi ha bisogno dell'aiuto. Piuttosto che imporsi su di noi, Dio attende questa umiltà e questa apertura. Il risultato immediato che vediamo in questa storia è che anche Giovanni Battista, nel grembo di sua madre, sussulta di gioia per questo incontro con il Salvatore.
In questo Avvento, impariamo ad imitare Elisabetta, rendendoci conto di quanto abbiamo bisogno di Dio nella nostra vita, e invitandolo ad entrare con la frequente ricezione dei sacramenti - in particolare l'Eucaristia e la Confessione - e con la recita quotidiana del Rosario. Chiediamo a Dio di avvicinarci sempre di più a Sé, per condividere un giorno la vita di gioia perfetta alla quale Egli ci chiama.
-Br. Matthew Heynen, OP
Incontra i Fratelli Studenti in Formazione QUI
Nella Summa Theologica (III, Q. 3, A. 5), san Tommaso d'Aquino ci offre uno spaccato di questa difficoltà. Si chiede se non sarebbe stato meglio che Cristo si incarnasse subito dopo la caduta dell'uomo. In questo modo Cristo avrebbe potuto predicare direttamente ad Adamo ed Eva, fornendo a loro e alla loro progenie il rimedio per la loro natura decaduta. San Tommaso affronta la questione sostenendo che è stato un bene per Dio lasciare i figli di Adamo a se stessi dopo la caduta. Per le sue colpe, la razza umana sarebbe giustamente umiliata nel suo orgoglio. Quando diventiamo consapevoli della nostra incapacità di trovare la completa felicità da soli, ci rendiamo conto di quanto siamo veramente fragili. Ci rendiamo conto che dobbiamo rivolgerci a qualcosa di più grande di noi stessi per ottenere questa felicità. Questo ci permette di vederci come dei bambini che non riescono ad assemblare i loro regali di Natale. In questo modo Dio ci prepara alla venuta di Cristo e al dono della sua grazia.
Ne meditiamo uno degli esempi più belli nella Bibbia quando preghiamo il secondo mistero gaudioso del Rosario: la Visitazione di Maria a Elisabetta. Maria, appresa la notizia che sua cugina Elisabetta è incinta, si precipita ad aiutarla. Elisabetta, che rappresenta tutta l'umanità peccatrice, si rivolge al Bambino che è più grande di lei, e alla Madre che lo porta, con le parole: “E perché mi è concesso questo, che la madre del mio Signore venga a me? " (Luca 1:44). Nel suo saluto, ha riconosciuto contemporaneamente la grandezza del Signore che è venuto ad aiutarla, e la sua umiltà di chi ha bisogno dell'aiuto. Piuttosto che imporsi su di noi, Dio attende questa umiltà e questa apertura. Il risultato immediato che vediamo in questa storia è che anche Giovanni Battista, nel grembo di sua madre, sussulta di gioia per questo incontro con il Salvatore.
In questo Avvento, impariamo ad imitare Elisabetta, rendendoci conto di quanto abbiamo bisogno di Dio nella nostra vita, e invitandolo ad entrare con la frequente ricezione dei sacramenti - in particolare l'Eucaristia e la Confessione - e con la recita quotidiana del Rosario. Chiediamo a Dio di avvicinarci sempre di più a Sé, per condividere un giorno la vita di gioia perfetta alla quale Egli ci chiama.
-Br. Matthew Heynen, OP
Incontra i Fratelli Studenti in Formazione QUI