Oscar Wilde una volta visitò la Cappella Sistina mentre il coro cantava il “Dies Irae”, un classico canto sul Giudizio Universale che è ancora usato come inno nella Liturgia delle Ore durante quest'ultima settimana del Tempo Ordinario. Le parole minacciose, combinate con il famoso affresco di Michelangelo della stessa scena, non piacquero del tutto all'inglese non ancora cattolico, che scrisse un sonetto in risposta:
No, Signore, non così! gigli bianchi in primavera,
Tristi uliveti, o colomba dal petto d’argento,
Tciascuno di me più chiaramente della Tua vita e del Tuo amore
Che terrori di fiamme rosse e tuoni.
Le vigne collinari portano cari ricordi di Te:
Un uccello di sera vola verso il suo nido
Mi parla di Uno che non aveva luogo di riposo:
Penso che sia di te che cantano i passeri.
Vieni piuttosto in qualche pomeriggio d'autunno,
Quando il rosso e il bruno saranno bruniti sulle foglie,
E nei campi risuona il canto della spigolatrice,
Vieni quando la splendida pienezza della luna
Guarda dall'alto le file di covoni dorati,
E raccogli il tuo raccolto: abbiamo aspettato a lungo.
Per Wilde, la bellezza di questo mondo era troppo preziosa per conciliarsi con le immagini di morte e distruzione imminenti. Il ritorno di Nostro Signore, a quanto pare, dovrebbe essere il dolce perfezionamento di tutto ciò che è già bello.
Ad alcuni di noi questo può sembrare assurdamente ingenuo. Ci sono alcuni teologi che hanno sostenuto che forse il piano originale di Gesù era quello di salvare il mondo attraverso la conversione morale, e che Egli finì per morire sulla Croce solo perché le persone del Suo tempo rifiutarono il Suo messaggio. La nostra fede dovrebbe tuttavia chiarire che la nostra natura umana decaduta richiede una trasformazione totale dall’interno. Dobbiamo essere rifatti dalla grazia di Dio, attraverso la morte costante ai nostri modi egoistici e, infine, attraverso la morte letterale uniti alla Croce nel Battesimo. Per quelli di noi che vivono nelle tenebre, l'irruzione finale della luce di Dio sarà necessariamente un evento dirompente.
Allo stesso tempo, Wilde ha ragione nel riconoscere che Dio ha già rivelato qualcosa della Sua bontà in tutto ciò che ha creato. Come ci ricorda Papa Francesco nell’enciclica Laudato Si’, Gesù, assumendo la nostra natura umana, ha già raccolto nel suo sé divino una porzione del mondo materiale, “piantando in esso un seme di trasformazione definitiva”. Non “aspettiamo con ansia la vita del mondo a venire” perché le nostre vite individuali o l'intero universo sono trappole malvagie a cui sfuggire. Piuttosto, come dice San John Henry Newman: “Raggiungiamo il cielo usando bene questo mondo, anche se è destinato a scomparire[.]”. Ci dirigiamo verso il Regno di Dio praticando la giustizia e amando la bontà nell’unico mondo che ancora conosciamo, anche quando ciò ci porta sofferenza e difficoltà. Questa è la nostra grande speranza: che per quanto belle possano essere, le cose create che conosciamo ora siano solo ombre di una gloria ancora più grande da scoprire quando le inevitabili prove della vita in questo mondo decaduto saranno finite.
Fr. Filippo Neri Gerlomes, OP | Incontra i Fratelli in formazione QUI